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16/03/2012 La Stampa -
"Salvate gli ultimi prof maschi"
4,6 per cento le probabilità che un bambino abbia un maestro
elementare
OPINIONI Onore ai maestri c'è grande bisogno di loro ALESSANDRO D'AVENIA
L'allarme: soltanto donne in cattedra, con gravi conseguenze
sull'educazione dei ragazzi
SARA RICOTTA VOZA
Milano
C' è una «questione maschile» in Italia e, a guardare solo
la politica e l'economia, non ce ne eravamo neanche accorti. Infatti riguarda
ambiti professionali in cui il potere è poco e il denaro ancora meno: scuola,
educazione, cura. La «questione» affiora in due dati che già parlano da sé. Il
primo: i bambini delle scuole elementari di oggi hanno 4,6 probabilità su 100
di incrociare sulla loro strada un maestro maschio. Il secondo: i laureati
maschi in Scienze della Formazione - ex Magistero - sono costantemente calati
nell'ultimo decennio fino a toccare nel 2009 quota 12 per cento (dati
Almalaurea). Dodici beati tra 88 donne, e chissà quanti avranno lasciato in
corsa per via del sentirsi minoranza.
Dati che hanno fatto scattare all'Università di Milano
Bicocca l'allarme «questione maschile» dopo anni di «questione femminile»
dominante, una sorta di segregazione (o autosegregazione) formativa al
contrario, in cui a perderci non sono solo gli uomini che non vedono più nel
mondo della scuola, dell'educazione e della cura un habitat per loro, ma
soprattutto le nuove generazioni, che rischiano di avere una formazione tutta
al femminile fino all'università.
Ne è nata una giornata di studio a cui hanno partecipato in
qualificata moltitudine pedagogisti, sociologi, storici, insegnanti e operatori
del mondo del sociale. Un primo brainstorming su un fenomeno di cui non sono
ancora chiare le motivazioni né le conseguenze. La premessa è che la presenza
maschile non è «uniformemente scarsa» in tutti i gradi dell'insegnamento. «Fra
i professori ordinari in università è anzi preponderante, cala via via che i
livelli educativi vanno verso la scuola primaria», rileva Carmen Leccardi,
docente di sociologia.
Nella primaria, infatti, l'estinzione del maestro maschio è
quasi completa (per non parlare della materna), mentre nelle medie e in alcune
materie al liceo sta avanzando inesorabilmente. Con quali conseguenze, si è
iniziato ora a discuterne. «Si manifesterà nella difficoltà a costruire modelli
di genere soprattutto per i piccoli maschi e i giovani maschi, e in seguito
nelle relazioni fra i due generi» sostiene Barbara Mapelli, docente di
Pedagogia delle Differenze di genere.
Al contrario, «la presenza di figure educative di entrambi i
generi in tutti i livelli di educazione scolastica e prescolastica offrirebbe a
bambini e bambine la possibilità di acquisire una maggiore complessità di
visione del mondo, per stili di vita, emotività, fisicità, comunicazione»:
questa l'analisi di Stefania Ulivieri Stiozzi, docente di Teorie e modelli
della consulenza pedagogica e organizzatrice del seminario alla Bicocca.
Ma quali sono le ragioni storiche e sociali di questo
allontanamento dei maschi dall'educazione? C'è chi ha parlato quasi di un
ritorno all'800, quando è nata la figura della «maestra» per consentire alla
donna che non poteva o voleva essere solo madre di istruirsi e svolgere una
professione lontano dagli studi e dalle posizioni elevate riservate agli uomini.
C'è chi ha parlato di ritorno, anzi di persistenza del «virilismo» che ritiene
antitetico alla virilità tutto ciò che ha a che fare con l'infanzia - regno
dell'indeterminatezza, dell'insicurezza e della fragilità per antonomasia - , e
questo in controtendenza con ciò che succede in famiglia, dove invece l'uomo
non considera svilente occuparsi dei bambini.
Quali che siano le ragioni, per il professor Duccio
Demetrio, ordinario di Filosofia dell'Educazione, si tratta di una «deriva
inevitabile e irreversibile». Non resta che da chiedergli perché proprio lui,
uno dei pochi maschi in facoltà, sia così tranchant. «La deriva è irreversibile
perché si tratta di professioni che subiscono un calo progressivo di prestigio
sociale. è un problema di immagine personale, prima di tutto davanti ai
genitori. Ricordo la faccia di mio padre quando a 20 anni dissi che volevo fare
l'alfabetizzatore di strada».
Per il professor Demetrio non si può far finta che non ci
sia «il problema del denaro, del successo, della carriera». E conclude:
«Educare, ex-ducere, vuol dire anche portare altrove, farti vedere lontano.
Scontiamo una società in cui c'è una crisi del maschile intrinseca, perché gli
uomini non riescono a dare mete in cui investire. Per fortuna i giovani le
cercano, al di là dei padri».
La Stampa 16 /3 / 12
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